L’incidente del 2019, in cui il lander israeliano Beresheet si è schiantato sulla Luna trasportando a bordo migliaia di tardigradi, ha scatenato una vivace discussione scientifica e sollevato interrogativi etici riguardanti la contaminazione extraterrestre e la protezione planetaria.
I tardigradi, noti per la loro resistenza quasi leggendaria a condizioni estreme, rappresentano un caso di studio fascinoso per comprendere i limiti della vita nel contesto spaziale.
Questi microscopici organismi, lunghi meno di un millimetro, possiedono caratteristiche che li rendono straordinariamente resistenti.
Sono capaci di sopravvivere in un’ampia gamma di ambienti, da quelli acquatici fino alle condizioni più estreme della Terra, grazie alla loro capacità di entrare in uno stato di animazione sospesa, chiamato criptobiosi, durante il quale possono perdere fino al 95% del loro contenuto idrico. Questo processo li rende resistenti a temperature estreme, sia calde che fredde, e a livelli elevati di radiazioni gamma, che sarebbero letali per la maggior parte delle forme di vita, compresi gli esseri umani.
Nonostante la loro notevole tenacia, le informazioni più recenti suggeriscono che i tardigradi dispersi sulla Luna nel 2019 non abbiano sopravvissuto, o quantomeno non siano in grado di prosperare nell’ambiente lunare. La mancanza di acqua liquida, le estreme variazioni di temperatura e l’esposizione a radiazioni solari e cosmiche rendono l’ambiente lunare inospitali per qualsiasi forma di vita come la conosciamo, incluso i tardigradi. Ricerche hanno mostrato che, sebbene i tardigradi possano resistere a condizioni estreme, l’impatto a velocità elevate e l’esposizione prolungata a condizioni avverse al di fuori della Terra potrebbero oltrepassare anche i loro limiti di sopravvivenza.
La presenza di tardigradi sulla Luna solleva anche questioni più ampie riguardanti l’etica e le politiche della contaminazione planetaria. La potenziale capacità degli organismi terrestri di sopravvivere, o addirittura di modificare ambienti extraterrestri, impone una riflessione critica sulle responsabilità umane nello spazio, sottolineando l’importanza di approcci precauzionali e regolamentazioni rigorose nelle missioni spaziali future per prevenire contaminazioni involontarie.
Questo evento ha aperto nuovi orizzonti di ricerca sulla resistenza della vita in condizioni estreme e ha posto le basi per future indagini sull’abilità della vita di adattarsi o sopravvivere nello spazio. Allo stesso tempo, ha evidenziato la necessità di un dialogo continuo tra scienziati, legislatori e il pubblico riguardo le implicazioni etiche e le responsabilità connesse all’esplorazione spaziale e alla potenziale colonizzazione di altri corpi celesti.