L’ultima indagine di Ippr, Legambiente ed Enea dipinge una situazione critica per molte spiagge italiane: si parla addirittura di una media di 670 rifiuti ogni 100 metri di spiaggia.
Il problema contribuisce ad aggravare una situazione già precaria, caratterizzata da altre emergenze come l’edificazione incontrollata, gli stabilimenti balneari, le scogliere emerse o soffolte, la presenza sempre maggiore di infrastrutture per il ricovero dei natanti.
Dai rifiuti emerge una netta prevalenza di rifiuti in polipropilene (PP) e polietilene (PE), con una quota significativa di plastiche miste, campioni non riconducibili ad un unico polimero. A livello di oggetti, tra i più rinvenuti – in peso – troviamo un 20 per cento composto da packaging alimentare e non alimentare, un ulteriore 15 per cento composto da oggetti sanitari e di igiene personale – cotton fioc, medicali, assorbenti, gabbiette WC – e un 50 per cento composto da materiali di varia provenienza, come mollette, giocattoli, lenti a contatto e penne.
Ma alcuni dei rifiuti che si trovano sulle nostre spiagge non sono dannosi solo per l’ecosistema e gli animali che popolano il mare: sono concreti anche i rischi per la nostra salute.
La presenza di siringhe in spiaggia, ad esempio, rappresenta un pericolo enorme per i bagnanti, perché se l’ago è nascosto tra la sabbia emerge proprio sotto la pressione del piede, quando ormai è troppo tardi per evitare il peggio.
A lanciare l’allarme in queste ore è stato Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei diritti”: “Anche in data odierna è arrivata una segnalazione che noi dello Sportello dei Diritti, non vorremmo mai ricevere: una siringa usata sul bagnasciuga di un noto stabilimento balneare e a distanza gruppetti di bambini che giocavano indisturbati, come documentano le foto postateci da un cittadino che si trovava a San Cataldo, marina di Lecce. Tutto ciò, proprio dopo che nei giorni scorsi analoghe denunce ci erano pervenute da altre località marine. Pensavamo che fosse qualcosa d’isolato, ma il numero di segnalazioni ci riporta indietro nel tempo, alla fine degli anni ’80, quando dilagava l’uso dell’eroina e farsi una “pera” in spiaggia”, magari davanti un falò, con tanto di ago buttato sulla sabbia a fine uso, era diventato qualcosa di assurdamente normale”.
Gli eventi di questo tipo devono portare ad un supplemento di attenzione e di precauzioni ed ogni siringa deve essere trattata come potenzialmente pericolosa, senza prestare attenzione ai falsi miti e alle credenze comuni: “non dobbiamo pensare che l’acqua ed il tempo “lavino via” il potenziale infettivo, e anche in queste occasioni occorre quindi avere moltissima cautela. In effetti, il rischio se la sostanza organica contenuta è secca e risalente nel tempo è pari a “0” per le malattie che più terrorizzano l’immaginario collettivo come Aids ed epatite, certo è però che residua senz’altro il rischio d’infezioni da germi comuni, se non si provvede a disinfettare tempestivamente la ferita, o ancor peggio del tetano, ma solo se non sono state completate le vaccinazioni”.
È intollerabile l’idea che, al giorno d’oggi, possa succedere di recarsi al mare e rischiare la propria salute e incolumità, le nostre spiagge devono essere pulite.
Abbandonare una siringa denota una totale mancanza di considerazione per la salute degli altri, quasi che chi ha abbandonato quell’ago in spiaggia l’abbia fatto con sprezzo e appositamente: un brutto segnale di inciviltà, che si unisce ad un altro dato drammatico, quello del nuovo aumento del consumo di eroina, la cosiddetta ‘droga dei poveri’.
Oggigiorno, il costo molto basso, anche 20 euro per una dose da un grammo e addirittura 5 euro per una monodose da 0,1 grammi, ne favorisce la diffusione soprattutto tra i più giovani: un fenomeno di cui le nostre istituzioni devono farsi carico e cercare di limitare.