Herpes, neonato di 11 giorni ha rischiato la vita per un bacio

Quando ci si trova in presenza di un neonato, e si è amante dei bambini, viene spontaneo il desiderio di coccolarli, stringerli, accarezzarli e baciarli.

Gesti semplici, a cui però non si dà il giusto peso: un neonato infatti ha ancora un sistema immunitario estremamente debole e qualsiasi virus che per un corpo adulto è semplicissimo debellare, per lui potrebbe rivelarsi letale.

Per capire appieno il problema basta guardare alla storia del piccolo Oliver Miller, un neonato inglese che sta rischiando la vita per un herpes.

Nello specifico a Hull, in Inghilterra, un bimbo di soli 11 giorni ha rischiato la morte nientemeno che per un bacio.

Secondo il racconto dei sanitari, il bambino aveva improvvisamente cominciato a rifiutare il latte e a inarcare la schiena per il dolore, così è stato portato in ospedale, dove ha ricevuto le cure necessarie.

Il neonato è stato, infatti, trasportato subito in terapia intensiva, intubato e nutrito artificialmente. Dopo diversi test, i medici sono stati in grado di diagnosticare al piccolo un herpes neonatale, contratto probabilmente dopo essere stato baciato o toccato da qualcuno con il raffreddore.

Nessuno dei due genitori soffriva infatti di herpes e non è quindi chiaro chi sia stato il responsabile di questa condizione che viene anche definita “il bacio della morte”.

Oliver ha trascorso 21 giorni in ospedale e poi è tornato a casa: dovrà assumere antibiotici per sei mesi e sottoporsi ad analisi periodiche.

Per fortuna però il peggio è alle spalle. Un lieto fine quindi il suo, ma i medici hanno colto l’occasione per ricordare che i contatti con la bocca dei neonati devono essere limitati: baci e altre manifestazioni di affetto simili, in bimbi appena nati, possono rivelarsi anche fatali.

Ricordiamo che l’infezione neonatale da HSV (herpes simplex virus) presenta un’alta mortalità e una significativa morbilità. Le stime dell’incidenza variano da 1/3000 a 1/20 000 nascite. Il virus dell’herpes simplex di tipo 2 causa più casi di infezione rispetto al tipo 1.

Entrambe le tipologie di herpes sono caratterizzate dalla capacità di sviluppare un’infezione latente all’interno del corpo dell’ospite, nascondendosi stabilmente nell’organismo, anche quando non sono visibili i sintomi. Il motivo è che le difese non riescono a debellare gli agenti patogeni ma solo a limitarne la diffusione e la replicazione nella pelle.

I sintomi di un’infezione da herpes nel neonato si hanno tra la prima e la seconda settimana di vita ma possono non comparire fino alla 4a settimana. Il segno più comune dell’infezione è rappresentato da vescicole cutanee che, se non trattate, frequentemente inducono entro 7-10 giorni a una progressiva e più grave forma di malattia.

Le persone con un sistema immunitario immaturo o soppresso, come i neonati appunto ma anche i sottoposti a trapianto o persone con AIDS, sono inclini a contrarre gravi complicazioni da infezioni da HSV.

In tutti i casi, l’HSV non viene mai rimosso dal corpo da parte del sistema immunitario. A seguito di una infezione primaria, il virus entra nei nervi al sito di infezione primaria, si sposta verso il corpo cellulare del neurone e diventa latente nel ganglio.

Come conseguenza dell’infezione primaria, il corpo produce anticorpi per il particolare tipo di HSV coinvolto, impedendo una successiva infezione di questo tipo in un sito diverso. In individui infetti da HSV-1, la sieroconversione dopo un’infezione orale previene ulteriori infezioni da HSV-1, come il patereccio, l’herpes genitale, l’herpes dell’occhio. La sieroconversione da HSV-1 sembra ridurre anche i sintomi di una successiva infezione da HSV-2, anche se l’HSV-2 può ancora essere contratto.