Della vicenda, qualche settimana fa, ce ne eravamo occupati anche noi, sollevando non pochi dubbi e interrogativi.
Nella decisione di una causa, fin dove si può spingere un giudice nell’interpretazione della legge? Dove sta la linea di demarcazione tra legittima interpretazione ed una completamente arbitraria?
E oggi i giudici della Suprema Corte di Cassazione hanno deciso di annullare la clamorosa sentenza: nello specifico si sono annullate le assoluzioni dei due giovani sudamericani accusati di aver violentato una ragazza peruviana a Senigallia il 9 marzo 2013.
Ad assolverli era stata la Corte di Appello di Ancona nel novembre del 2017 con un verdetto che faceva riferimento alla «mascolinità» della ragazza per minare la sua credibilità.
Per i supremi giudici che ora hanno depositato le motivazioni, le colleghe marchigiane si sarebbero determinate ad assolvere gli imputati sulla base di una “incondizionata accettazione” della narrazione dei fatti proposta dalla difesa degli imputati mentre non è stato fatto alcun “serio raffronto critico” con il verdetto di condanna emesso in primo grado.
Più concretamente, l’aspetto fisico di una donna che si dichiara vittima di stupro è del tutto «irrilevante» e si tratta di un «elemento non decisivo» per valutare la credibilità della sua denuncia.
L’incredibile sentenza era arrivata in Cassazione perché la difesa della ragazza aveva fatto ricorso, sostenendo che la ricostruzione delineata in Appello fosse inverosimile, “soprattutto se riferite a una ragazza di appena 22 anni, costretta ad affrontare uno dei peggiori traumi che una donna possa subire, tanto poi da essere costretta a causa della violenza sessuale subita a sottoporsi a un intervento chirurgico”.