Retina e genetica della schizofrenia: lo spessore retinico come possibile biomarcatore non invasivo

Antonio Capobianco

Un recente studio pubblicato su Nature Mental Health ha rivelato un potenziale collegamento tra la genetica della schizofrenia e sottili cambiamenti nella struttura della retina, aprendo nuove prospettive per l’individuazione precoce della malattia attraverso strumenti diagnostici non invasivi.

Retina e genetica della schizofrenia

Schizofrenia: la retina come specchio del rischio genetico

La ricerca, condotta su un campione di quasi 35.000 individui sani della UK Biobank, ha evidenziato che un punteggio di rischio genetico più elevato per la schizofrenia (polygenic risk score, PRS) è associato a un assottigliamento della macula, l’area centrale della retina responsabile della visione ad alta risoluzione.

A differenza di studi precedenti, che si erano concentrati su soggetti già diagnosticati con schizofrenia, questa indagine ha coinvolto esclusivamente individui privi di diagnosi, consentendo di isolare l’effetto della predisposizione genetica da fattori confondenti come farmaci o abitudini di vita.

Il ruolo dell’infiammazione: una chiave biologica

Uno degli aspetti più innovativi emersi dallo studio è la correlazione tra i geni associati alla neuroinfiammazione e lo spessore dello strato plessiforme interno delle cellule gangliari (GCIPL) della retina. I soggetti con elevato PRS per questi geni mostravano un marcato assottigliamento in quest’area, suggerendo che processi infiammatori potrebbero compromettere l’integrità delle strutture retiniche.

Inoltre, è stato osservato che livelli più alti di proteina C-reattiva (PCR), un marcatore di infiammazione sistemica, mediavano parzialmente il legame tra rischio genetico e alterazioni retiniche. Questo rafforza le teorie che attribuiscono un ruolo centrale all’infiammazione nello sviluppo della schizofrenia.

Implicazioni cliniche: diagnosi precoce e nuove opportunità

Sebbene non rappresenti ancora un metodo diagnostico autonomo, l’analisi dello spessore retinico potrebbe diventare un importante strumento integrativo, utile nel combinare genetica, biomarcatori e imaging per individuare soggetti a rischio prima della comparsa dei sintomi clinici.

L’imaging retinico, già oggi ampiamente disponibile e privo di rischi, si candida così come potenziale “finestra sul cervello”, capace di offrire preziosi indizi sulle dinamiche neurologiche sottostanti a disturbi psichiatrici complessi come la schizofrenia.

Limiti dello studio e prospettive future

I ricercatori, tuttavia, invitano alla cautela. Il campione analizzato era composto principalmente da individui di origine britannica e irlandese, limitando l’universalità dei risultati. Inoltre, il PRS da solo ha un potere predittivo ancora modesto, sottolineando la necessità di ulteriori ricerche che esplorino anche l’interazione con fattori ambientali e stili di vita.

Fumo, obesità, infiammazioni croniche: tutte variabili che potrebbero amplificare o mitigare l’effetto del rischio genetico. Comprendere queste interazioni sarà fondamentale per disegnare strategie di prevenzione su misura.


In conclusione, lo studio rappresenta un passo avanti decisivo nella comprensione delle basi biologiche della schizofrenia. La retina, sempre più al centro della ricerca neuroscientifica, si conferma come una promettente alleata nella diagnosi precoce e nello studio dei disturbi mentali.

Next Post

Boom del gioco online: cresce del 16,3% la spesa nei casinò italiani

I numeri parlano chiaro, ma non tutti sanno leggerli. Quando si parla di gioco online, non basta fermarsi alla superficie. Dietro ogni percentuale si nasconde una rete fittissima di dinamiche, scelte strategiche, comportamenti dell’utenza e direzioni di mercato che solo chi conosce davvero questo mondo può decifrare. Il dato rilasciato […]
Boom del gioco online cresce del 16,3% la spesa nei casinò italiani