Gli scienziati hanno appena compiuto un passo da gigante nella comprensione della nostra origine: è stato realizzato il più completo albero evolutivo dei primati mai costruito. Utilizzando una combinazione di dati genetici e ricerche pubblicate, i ricercatori sono riusciti a mappare il 98% delle specie conosciute, offrendo un quadro senza precedenti dell’evoluzione di questo affascinante ordine animale.

Un viaggio nel tempo attraverso il DNA
Il nuovo “albero del tempo” non si limita a mostrare le connessioni tra le specie: rivela anche quando ogni ramificazione si è verificata, creando una cronologia dettagliata che risale a milioni di anni fa. L’obiettivo degli studiosi era ambizioso: ricostruire l’intera storia evolutiva dei primati, dalle radici ancestrali fino alle specie odierne.
Il risultato è un’immagine sorprendente che riflette la straordinaria diversità dei primati, un gruppo che comprende creature tanto diverse quanto i gorilla di montagna, gli scimpanzé, i lemuri topi e, naturalmente, gli esseri umani.
I tre rami principali dell’evoluzione dei primati
L’ordine dei primati comprende oggi 462 specie riconosciute, suddivise in tre grandi gruppi:
- Catarrhini: 172 specie di scimmie del Vecchio Mondo, inclusi babbuini e grandi antropomorfe come gorilla e scimpanzé.
- Platyrrhini: 146 specie di scimmie del Nuovo Mondo, come i cappuccini e i tamarini.
- Strepsirrhini: 144 specie tra lemuri, lori e galagoni, spesso meno noti ma incredibilmente affascinanti.
Ogni specie è portatrice di comportamenti unici e adattamenti straordinari: gli scimpanzé usano strumenti per nutrirsi, gli oranghi si proteggono con foglie, e i lemuri vantano strategie sociali complesse.
Due alberi per raccontare la stessa storia
Il nuovo albero filogenomico comprende 239 specie, costruito grazie all’analisi di 187 nuovi genomi e 52 già esistenti. Questo rappresenta circa il 52% delle specie conosciute, ma la ricerca non si è fermata qui.
Parallelamente, il progetto TimeTree ha integrato più di 4.100 alberi evolutivi pubblicati in passato, creando un secondo albero contenente 400 specie, 200 delle quali in comune con il primo albero genetico.
Combinando i dati dei due progetti, i ricercatori hanno coperto 405 specie uniche, lasciandone fuori solo 57.
E le specie mancanti?
Sette di queste specie non sono ancora presenti nei database genetici, come GenBank, e quindi non possono essere incluse in una cronologia molecolare. Le restanti 50, invece, sono state incluse grazie a soluzioni innovative che combinano dati morfologici, ecologici e storici.
Un riferimento fondamentale per la scienza
Questo monumentale lavoro fornisce agli scienziati una base solida per esplorare le origini dell’uomo, i processi di speciazione, gli adattamenti evolutivi e le connessioni tra le diverse specie. Oltre ad avere un valore accademico, rappresenta una risorsa preziosa per la conservazione, aiutando a identificare specie minacciate e a tracciare strategie efficaci per la loro protezione.