Il processo di sicurezza in azienda, un pilastro normativo in Italia (Decreto Legislativo 81/08) e non solo, si fonda sulla valutazione del rischio. Ma non è un’azione singola; è un percorso scandito da due momenti chiave: la valutazione iniziale del rischio e la valutazione finale (o residua) del rischio.
La differenza sostanziale sta nel momento in cui vengono calcolate e nel loro significato:

- Valutazione Iniziale del Rischio (o Rischio Inerente):
- Cosa è: È il rischio “grezzo” o teorico. Rappresenta il livello di pericolo prima che l’azienda adotti qualsiasi misura di prevenzione e protezione.
- Come si calcola: Si stima la gravità del danno potenziale e la probabilità che si verifichi, considerando le condizioni di lavoro senza i controlli attuali. La formula concettuale base è spesso Ri=P×G (Rischio Iniziale = Probabilità x Gravità).
- A cosa serve: Serve per identificare e quantificare l’entità del problema. Permette di stabilire una priorità di intervento: se il rischio iniziale è alto (ad esempio, un valore di 16 in una scala fino a 16, come suggerito in alcune metodologie), è fondamentale intervenire immediatamente.
- Valutazione Finale del Rischio (o Rischio Residuo):
- Cosa è: È il rischio “netto” che rimane dopo l’applicazione effettiva delle misure di sicurezza, prevenzione e protezione (come DPI, formazione, procedure operative, manutenzioni).
- Come si calcola: Dopo aver implementato tutti gli accorgimenti, si ricalcola la probabilità e/o la gravità, che dovrebbero risultare ridotte. La formula diventa quindi Rf=Pridotta×Gridotta.
- A cosa serve: L’obiettivo primario è che il rischio residuo sia accettabile o tollerabile secondo gli standard e le leggi vigenti. Ad esempio, se l’azienda introduce un sistema di aspirazione potenziato per agenti chimici (misura di prevenzione), la probabilità di inalazione diminuisce, portando a un calcolo di rischio finale notevolmente inferiore rispetto a quello iniziale.
In sintesi, la valutazione iniziale del rischio è un punto di partenza per capire dove e quanto intervenire, mentre la valutazione finale del rischio è il risultato della bontà e dell’efficacia delle azioni intraprese.
- Valutazione del Rischio Chimico: Normativa, Modelli e Obblighi per la Sicurezza sul Lavoro
- 3 fasi del processo di valutazione del rischio
- Come redigere una valutazione finale del rischio efficace
È cruciale ricordare che, come sottolineato anche dall’Agenzia Europea per la Sicurezza e la Salute sul Lavoro (EU-OSHA), la valutazione è un processo dinamico che deve essere periodicamente riesaminato e aggiornato, specialmente in seguito a incidenti o modifiche significative nell’attività lavorativa.
FAQ – Domande Frequenti
Cosa si intende con “rischio accettabile” nel rischio residuo? Il rischio accettabile è quel livello di rischio residuo che, nonostante l’applicazione di tutte le misure di sicurezza appropriate e tecnicamente possibili, non può essere ulteriormente ridotto e viene considerato tollerabile dall’organizzazione o, più spesso, conforme ai limiti normativi. Non significa rischio zero, ma un rischio gestito e monitorato.
Un’azienda deve sempre eliminare totalmente il rischio iniziale? L’obiettivo è l’eliminazione, ma non è sempre possibile. Ad esempio, il rischio di caduta in un lavoro in quota non può essere eliminato, ma deve essere ridotto al minimo con misure come imbracature (DPI) e linee vita (protezione collettiva). La valutazione finale stabilisce se questa riduzione è sufficiente a rendere il rischio residuo accettabile.
Qual è il ruolo delle misure di prevenzione e protezione in questo processo? Le misure di prevenzione e protezione sono il “ponte” tra il rischio iniziale e quello finale. Le misure di prevenzione lavorano sulla probabilità (es. formazione per evitare errori), mentre le misure di protezione intervengono sulla gravità del danno (es. casco che riduce l’impatto). L’efficacia di queste misure determina la differenza tra la valutazione iniziale e il più basso rischio residuo.
