La residenza anagrafica è un elemento fondamentale nella vita dei cittadini italiani, influenzando numerosi aspetti legali, fiscali e sociali. Una domanda frequente è: quante persone possono avere la residenza nella stessa casa? In questo articolo facciamo chiarezza su cosa prevede la legge italiana, quali sono i limiti (se ci sono) e come comportarsi per evitare problemi con il Comune o con l’Agenzia delle Entrate.

Cosa significa avere la residenza in un’abitazione?
La residenza è definita dall’art. 43 del Codice Civile come “il luogo in cui la persona ha la dimora abituale”. È il punto di riferimento per determinare:
- il Comune competente per pratiche amministrative;
- l’accesso a servizi sanitari e sociali;
- la sede legale per ricevere notifiche ufficiali.
Fonte normativa: Art. 43 del Codice Civile – Gazzetta Ufficiale
Esiste un limite massimo di persone residenti nella stessa abitazione?
No, non esiste un limite numerico legale prestabilito di persone che possono avere la residenza nella stessa abitazione, a patto che:
- sia dimostrabile che l’immobile viene utilizzato come dimora abituale da tutti i richiedenti;
- vi sia un rapporto di coabitazione stabile e continuativo;
- non si tratti di una residenza fittizia per fini illeciti (es. frodi fiscali, immigrazione irregolare, assegnazione di alloggi popolari).
Limiti tecnici: superficie e igiene
Sebbene la legge non stabilisca un numero massimo di residenti per abitazione, le amministrazioni comunali si rifanno a normative igienico-sanitarie e urbanistiche per valutare la congruità dell’occupazione dell’immobile.
Secondo il D.M. Sanità 5 luglio 1975, ogni abitazione deve rispettare i seguenti requisiti minimi:
- Superficie minima di 14 mq per il primo abitante, più 10 mq per ciascun ulteriore occupante;
- Altezza minima di 2,70 m (2,40 m per corridoi, bagni, ripostigli);
- Presenza di almeno un bagno e areazione naturale per ogni ambiente.
Fonte normativa: Decreto Ministeriale 5 luglio 1975 – Ministero della Salute
Quando il Comune può rifiutare l’iscrizione della residenza?
Un Comune può rifiutare la residenza a una persona anche se convivente, nei seguenti casi:
- la casa risulta sovraffollata secondo i parametri igienico-sanitari;
- manca un titolo legittimo di occupazione (es. contratto di affitto o proprietà);
- vi è incongruenza tra le dichiarazioni e lo stato reale rilevato da un eventuale sopralluogo della polizia municipale.
Residenza e famiglie numerose: cosa sapere
Nelle famiglie numerose o nelle coabitazioni estese (studenti, lavoratori, comunità religiose), è importante che tutti i residenti risultino presenti nello stato di famiglia, che è il documento che certifica il nucleo anagrafico convivente.
Se più nuclei familiari convivono nella stessa casa (es. due famiglie distinte), possono chiedere residenze separate, ma dovranno dimostrare l’esistenza di autonomia funzionale (cucine e bagni separati).
Le implicazioni fiscali e legali
Avere la residenza nello stesso immobile ha effetti anche su:
- IMU e TARI: un numero elevato di residenti può incidere sull’importo delle imposte locali;
- ISEE: tutti i residenti dello stesso stato di famiglia vengono conteggiati nel calcolo del reddito;
- Assegnazione di case popolari: dichiarazioni mendaci sul numero di residenti possono portare a sanzioni penali.
Cosa dice la Cassazione?
Secondo la Corte di Cassazione, per stabilire la legittimità della residenza è necessario che essa coincida con la dimora abituale, anche se l’intestatario del contratto di affitto o della proprietà non è uno dei richiedenti.
Sentenza di riferimento: Cass. Civ., Sez. I, Sent. n. 19577/2008
Conclusioni: Quante persone possono avere la residenza nella stessa abitazione?
In sintesi:
- Non esiste un limite numerico assoluto;
- Tutti i residenti devono vivere stabilmente nell’abitazione;
- Devono essere rispettati i criteri igienico-sanitari e urbanistici;
- Il Comune può effettuare controlli e rifiutare o revocare la residenza in caso di irregolarità.
Per evitare problemi legali o fiscali, è consigliabile dichiarare solo chi realmente vive nella casa e conservare i documenti che dimostrano il diritto di residenza.
Fonti autorevoli:
- Codice Civile, art. 43 – normattiva.it
- Sentenza Cassazione n. 19577/2008 – cortedicassazione.it

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