Salvare i Videogiochi: L’Iniziativa Europea “Stop Killing Games” in Cerca di Un Milione di Firme

Antonio Capobianco

Una petizione cruciale per proteggere i videogiochi come beni culturali e tutelare i diritti dei consumatori è a rischio. L’Iniziativa dei Cittadini Europei “Stop Killing Games” ha bisogno di raggiungere 1 milione di firme entro il 31 luglio per obbligare la Commissione Europea a discutere la questione.

Salvare i Videogiochi Iniziativa Europea Stop Killing Games

Il mondo dei videogiochi è in fermento. L’iniziativa “Stop Killing Games” è nata per affrontare una problematica sempre più sentita: la cancellazione arbitraria di giochi (specialmente quelli con componenti online) da parte degli editori, spesso senza preavviso o risarcimento. Questo non solo priva i giocatori dei titoli acquistati, ma solleva interrogativi sulla conservazione del patrimonio videoludico.

La Sfida della Democrazia Diretta: Raggiungere il Milione di Voti

Per portare la questione all’attenzione delle istituzioni europee, “Stop Killing Games” ha scelto la strada dell’Iniziativa dei Cittadini Europei (ICE). Questo strumento di democrazia diretta richiede il raggiungimento di un milione di firme provenienti da almeno sette Stati membri dell’UE. A undici mesi dalla partenza, sono state raccolte poco più di 600.000 firme. Questo significa che, a un mese dalla scadenza del 31 luglio, mancano ancora circa 400.000 adesioni.

Firmare è semplice e può essere fatto digitalmente tramite il sito web ufficiale dell’UE dedicato alle ICE. Basta selezionare il proprio paese di residenza e inserire nome e indirizzo. Per maggiori dettagli sulla procedura e sui requisiti, potete consultare la pagina “Come firmare” della Commissione Europea.

Perché Tante Difficoltà? Le Sfide di una Campagna Cruciale

Scott Ross, ideatore della campagna, ha individuato diverse ragioni dietro la difficoltà nel raggiungere l’obiettivo. Nonostante la petizione sia tra le più popolari, la trasformazione del coinvolgimento online in azioni politiche concrete rimane una sfida significativa. Ross ha anche ammesso una scarsa esperienza nelle pubbliche relazioni. Inoltre, un video fuorviante di un importante canale di streaming avrebbe generato confusione e una percezione distorta degli obiettivi dell’iniziativa.

Cosa Chiede “Stop Killing Games”: Un Futuro Sostenibile per i Videogiochi

La situazione attuale è spesso insoddisfacente per i giocatori. Giochi con componenti online o puramente online vengono acquistati senza garanzie chiare sulla loro longevità. Casi come la chiusura dei server di Concord di Sony (per il quale Sony ha almeno rimborsato l’acquisto) o la discussa interruzione di The Crew di Ubisoft, che ha impedito qualsiasi opzione di download del gioco, evidenziano la precarietà della situazione. L’iniziativa considera queste pratiche un vero e proprio attacco ai diritti dei consumatori.

L’obiettivo preciso di “Stop Killing Games” è spiegato dettagliatamente nelle loro FAQ ufficiali. In sintesi, si chiede che gli editori siano obbligati a gestire i videogiochi (specialmente quelli online) in modo “responsabile”. Questo significa:

  • Piani di fine vita chiari: Gli sviluppatori dovrebbero avere un piano definito per la fine del ciclo di vita di un gioco, o almeno dichiararlo esplicitamente. Questo permetterebbe di considerare la longevità già in fase di sviluppo.
  • Stato funzionale (giocabile): Anche dopo la conclusione del supporto ufficiale, i giochi dovrebbero rimanere in uno “stato funzionale” che ne consenta la fruizione. Questo comporterebbe costi minimi per gli editori.
  • Supporto della comunità: Per i giochi online complessi come gli MMO, si propone che la comunità possa essere autorizzata a gestire emulatori di server, consentendo al gioco di continuare a esistere, seppur non nella sua interezza. Non si tratterebbe di pubblicare codici sorgente, ma semplicemente di fornire una copia funzionante.

Queste richieste si applicherebbero solo al periodo successivo alla cessazione dello sviluppo o del supporto attivo, lasciando agli editori la piena libertà di gestione durante la fase precedente. L’iniziativa sostiene che una regolamentazione chiara beneficerebbe anche gli editori, offrendo una base giuridica solida in un ambito attualmente grigio, se non oltre.

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