La demenza, con tutte le sue forme – dalla malattia di Alzheimer alle altre patologie neurodegenerative – è una realtà in costante crescita. Solo in Germania, oltre 1,8 milioni di persone convivono oggi con questa condizione, e si stima che entro il 2050 i casi possano salire fino a 2,8 milioni. Ma un recente studio olandese solleva un dato sorprendente: le persone con un alto livello di intelligenza e istruzione potrebbero essere colpite più duramente dalla demenza.

La scoperta: il ruolo della “riserva cognitiva”
Lo studio, condotto presso l’Erasmus University Medical Centre di Rotterdam, ha evidenziato che la demenza tende a essere diagnosticata più tardi nelle persone intelligenti, con conseguenze più gravi in termini di aspettativa di vita. Il motivo? La cosiddetta “riserva cognitiva”.
Secondo i ricercatori, la riserva cognitiva è la capacità del cervello di compensare i danni causati da malattie neurodegenerative, mantenendo comunque le funzioni cognitive attive. Le persone con un’istruzione elevata o abituate a stimolare la mente attraverso lettura, problem solving e interazione sociale, riescono a mascherare i sintomi della demenza per più tempo. Questo fa sì che la diagnosi arrivi spesso in una fase già avanzata della malattia, quando la situazione clinica è più complessa da gestire.
Istruzione e aspettativa di vita: un legame inverso nella demenza
Un dato che ha colpito gli scienziati è che per ogni anno aggiuntivo di istruzione, l’aspettativa di vita dopo la diagnosi di demenza si riduce di circa 2,5 mesi. Questo non significa che l’istruzione sia un fattore di rischio, anzi: una mente allenata ritarda l’insorgenza dei sintomi. Tuttavia, quando la malattia si manifesta, lo fa in modo più aggressivo.
Diagnosi tardiva, progressione più rapida
Il cervello delle persone con alta riserva cognitiva riesce a compensare i danni più a lungo, ma quando la soglia critica viene superata, il declino cognitivo procede velocemente. In media, la sopravvivenza dopo una diagnosi di demenza è di circa 10,5 anni, ma questa media tende a diminuire nei soggetti con livelli educativi più alti proprio a causa della diagnosi tardiva.
La prevenzione resta la chiave
Nonostante questi dati, i ricercatori sottolineano l’importanza di continuare a stimolare il cervello durante tutta la vita. Attività come leggere, apprendere nuove competenze, mantenere una vita sociale attiva e risolvere problemi complessi rafforzano la riserva cognitiva e possono ritardare l’insorgere della demenza.
Conclusione
Lo studio invita a riconsiderare le strategie di screening precoce, in particolare per le persone con elevata istruzione. Diagnosticare la demenza in fase precoce può fare la differenza nel trattamento e nella qualità della vita. In un’epoca in cui le malattie neurodegenerative sono sempre più diffuse, comprendere il legame tra intelligenza, istruzione e demenza è fondamentale per affrontare il futuro con consapevolezza e prevenzione.