Una nuova ricerca pubblicata sul Journal of Clinical Sleep Medicine lancia un importante allarme: la qualità del sonno, in particolare il sonno profondo e la fase REM, potrebbe essere strettamente collegata alla salute cerebrale e al rischio di sviluppare il morbo di Alzheimer.

Lo studio, condotto da un team della Yale School of Medicine, ha rilevato che le persone che trascorrono meno tempo nel sonno a onde lente e nella fase REM presentano un volume cerebrale ridotto nelle aree più vulnerabili all’Alzheimer. Tra queste, spicca la regione parietale inferiore, nota per essere tra le prime a mostrare segni di atrofia nei pazienti colpiti dalla malattia.
Sonno e cervello: una connessione cruciale per la prevenzione
“I nostri risultati suggeriscono che una ridotta neuroattività durante il sonno potrebbe contribuire all’atrofia cerebrale, aumentando potenzialmente il rischio di Alzheimer,” ha spiegato Gawon Cho, autore principale dello studio.
I ricercatori hanno sottolineato che questa associazione rimane valida anche dopo aver corretto l’analisi per altri fattori di rischio, come età, genere, fumo, consumo di alcol, ipertensione e problemi cardiovascolari.
Uno studio a lungo termine su 270 persone
L’indagine ha coinvolto 270 adulti con un’età media di 61 anni, dei quali il 53% erano donne. Nessuno dei partecipanti presentava precedenti episodi di ictus, demenza o gravi patologie neurologiche. L’architettura del sonno è stata valutata tramite polisonnografia, mentre i volumi cerebrali sono stati misurati utilizzando tecniche avanzate di neuroimaging, eseguite tra i 13 e i 17 anni dopo l’analisi iniziale.
I risultati hanno rivelato che coloro che dormivano meno in fase REM e a onde lente presentavano una maggiore riduzione del volume cerebrale nelle aree legate alla memoria e alla cognizione, segnando una potenziale via di accesso al deterioramento cognitivo.
Un fattore di rischio modificabile per la demenza?
Secondo i ricercatori, la struttura del sonno potrebbe rappresentare un fattore di rischio modificabile per l’Alzheimer e le altre forme di demenza. Intervenire sulla qualità del sonno potrebbe, quindi, offrire nuove opportunità di prevenzione o ritardo dell’insorgenza della malattia.
“Capire come il sonno influisce sulla salute cerebrale ci dà la possibilità di intervenire prima che i sintomi cognitivi si manifestino,” ha aggiunto Cho.
Alzheimer: un’emergenza in crescita
Secondo i dati della Alzheimer’s Association, oggi circa 6,7 milioni di americani over 65 convivono con l’Alzheimer. Senza significativi progressi medici, questa cifra potrebbe raddoppiare entro il 2060, rendendo fondamentali gli sforzi nella prevenzione.
I ricercatori concludono che saranno necessari ulteriori studi per chiarire i meccanismi causali tra architettura del sonno e neurodegenerazione, ma il legame emerso dallo studio è già un chiaro invito a prendersi cura del proprio sonno per proteggere il cervello.