Un’importante indagine internazionale, presentata durante il Congresso Europeo sull’Obesità (ECO) 2024 tenutosi a Malaga (Spagna), ha messo in luce una preoccupante discrepanza tra la visione dei medici e quella dei pazienti obesi in merito alle cause dell’obesità e agli obiettivi delle cure.
Lo studio, condotto da Eli Lilly, Adelphi Real World, l’Università di Roma Tor Vergata e l’agenzia svedese K & X Ramos AB, ha coinvolto oltre 1.379 partecipanti tra ottobre 2023 e aprile 2024 in sette Paesi tra cui Spagna, Regno Unito, Stati Uniti e Australia, ed è stato progettato per analizzare come medici e pazienti percepiscano in modo diverso una delle malattie croniche più diffuse del nostro tempo: l’obesità.

Obesità: una malattia ancora piena di pregiudizi
Sebbene l’obesità sia ufficialmente riconosciuta come malattia cronica e recidivante da istituzioni come l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), l’approccio clinico alla gestione di questa condizione resta ancora parziale e, in molti casi, influenzato da stereotipi e pregiudizi sul peso.
Secondo il rapporto completo pubblicato su The Lancet Diabetes & Endocrinology, la maggior parte dei medici ha attribuito l’obesità dei propri pazienti a cause comportamentali, come l’eccesso di cibo (69%), la mancanza di attività fisica (61%) o una dieta ricca di grassi (51%). Solo il 61% ha riconosciuto fattori biologici tra le principali cause.
Pazienti più consapevoli della complessità biologica
Interessante notare che, tra i pazienti, l’81% ha segnalato proprio le cause biologiche come significative, seguite da fattori comportamentali e socioeconomici (87%). Inoltre, la genetica è stata indicata come la terza causa principale dell’obesità da parte dei pazienti, mentre i medici l’hanno collocata solo al settimo posto.
Questi risultati evidenziano quanto sia ancora diffusa l’idea – erronea – che l’obesità sia solo una questione di forza di volontà. Una visione riduttiva che contribuisce allo stigma e spesso ostacola l’accesso a cure personalizzate e basate sulle evidenze scientifiche.
Obiettivi terapeutici: salute vs. aspetto
Il divario tra pazienti e medici si estende anche agli obiettivi del trattamento. I medici tendono a focalizzarsi su miglioramento della qualità della vita (75%), mobilità (50%) e riduzione della pressione sanguigna (45%), coerentemente con un approccio clinico orientato alla salute.
I pazienti, invece, dichiarano di desiderare miglioramenti più visibili e soggettivi: sentirsi meglio, aumentare l’autostima e indossare taglie più piccole sono tra gli obiettivi più frequentemente indicati. Un chiaro segnale dell’importanza degli aspetti psicosociali nella gestione dell’obesità.
Riflessioni del Dott. Ramos Salas: “Serve più empatia”
Secondo il Dott. Ramos Salas, co-autore dello studio, i medici devono rivedere il proprio approccio, spostando il focus da una mera riduzione di peso a un supporto empatico e olistico, volto a migliorare il benessere psicosociale dei pazienti.
“I medici svolgono un ruolo chiave nelle decisioni terapeutiche. Riconoscere e affrontare lo stigma del peso interiorizzato può aiutare enormemente i pazienti obesi,” – ha dichiarato il dottor Salas durante il congresso ECO.
Un cambio di paradigma è possibile
Lo studio suggerisce che una maggiore consapevolezza tra i professionisti sanitari delle molteplici cause dell’obesità – biologiche, genetiche, ambientali e sociali – potrebbe migliorare l’accessibilità alle cure, ridurre lo stigma medico e portare a risultati terapeutici più efficaci.
In un’epoca in cui l’obesità rappresenta una vera e propria emergenza sanitaria globale, è cruciale che il sistema sanitario abbandoni il giudizio per abbracciare la scienza, la comprensione e il rispetto.
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