Un nuovo studio pubblicato sull’American Journal of Clinical Nutrition offre un’interessante prospettiva sul ruolo della vitamina D nel rallentare l’invecchiamento cellulare. Analizzando i dati del celebre studio VITAL (VITAmin D and OmegA-3 TriaL), condotto dalla Harvard Medical School, i ricercatori hanno osservato che un’integrazione quotidiana moderata di vitamina D può rallentare l’accorciamento dei telomeri, una delle principali misure biologiche dell’invecchiamento.

Cosa sono i telomeri e perché sono importanti?
I telomeri sono porzioni terminali del DNA che proteggono le estremità dei cromosomi durante la divisione cellulare. Con ogni divisione, i telomeri si accorciano naturalmente. Quando diventano troppo brevi, le cellule non riescono più a dividersi e vanno incontro a morte o senescenza. Questo processo è associato all’invecchiamento dell’organismo e allo sviluppo di patologie croniche come malattie cardiovascolari, neurodegenerative e autoimmuni.
Secondo JoAnn Manson, coautrice dello studio e docente ad Harvard, i risultati suggeriscono che la vitamina D potrebbe agire da meccanismo protettivo, contribuendo a stabilizzare la lunghezza dei telomeri nel tempo e quindi a contrastare il deterioramento cellulare legato all’età.
Lo studio: come è stato condotto?
I ricercatori hanno coinvolto oltre 1.000 partecipanti provenienti dal più ampio campione dello studio VITAL. Uomini over 50 e donne over 55 sono stati monitorati per quattro anni, con analisi del sangue periodiche per misurare la lunghezza dei telomeri. Ai partecipanti è stata somministrata una dose giornaliera di 2.000 UI di vitamina D, olio di pesce, entrambi o un placebo.
Il risultato? Coloro che avevano assunto solo vitamina D hanno mostrato una riduzione più lenta dei telomeri rispetto al gruppo placebo: circa 140 coppie di basi in meno perse nel corso del periodo di studio. L’olio di pesce, invece, non ha mostrato effetti significativi sulla lunghezza dei telomeri.
Le implicazioni cliniche: tra cautela e speranza
Nonostante l’entusiasmo iniziale, gli esperti raccomandano prudenza. Mary Armanios, oncologa della Johns Hopkins University, sottolinea che la lunghezza dei telomeri è soggetta a numerose variazioni naturali e che l’impatto clinico dei cambiamenti osservati nello studio potrebbe essere minimo per la maggior parte della popolazione.
Inoltre, la tecnica utilizzata per misurare i telomeri (qPCR) presenta limiti di precisione, e altri studi, come quelli condotti nel Regno Unito, hanno dimostrato che livelli troppo alti di vitamina D potrebbero addirittura correlarsi a telomeri più corti, ribadendo l’importanza di non eccedere con l’integrazione.
Chi dovrebbe assumere vitamina D?
Secondo le linee guida dell’Endocrine Society, l’integrazione di vitamina D è raccomandata per:
- Over 75
- Persone con prediabete per prevenire il diabete di tipo 2
- Individui con carenze diagnosticate
Anastassios Pittas, esperto della Tufts University, conferma che lo studio VITAL supporta scientificamente tali raccomandazioni, contribuendo a definire meglio quali gruppi di popolazione possano beneficiare maggiormente dall’assunzione di vitamina D, senza generalizzare l’uso a tutta la popolazione.
Verso una medicina personalizzata dell’invecchiamento
Oltre ai telomeri, i ricercatori stanno ora esplorando altri marcatori epigenetici dell’invecchiamento, come la metilazione del DNA, per costruire una visione più completa dell’impatto della vitamina D sull’organismo umano. L’obiettivo è arrivare a strategie preventive personalizzate per migliorare la qualità della vita nella terza età.

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