Negli ultimi anni, la scienza ha rafforzato l’idea che alimentazione e salute siano strettamente connesse, anche nel caso di malattie complesse come il cancro. Un recente studio condotto dalla Weill Cornell Medicine di New York ha riacceso il dibattito su un tema tanto delicato quanto importante: l’assunzione di acido linoleico, un comune acido grasso omega-6 presente in molti oli da cucina, e il rischio di sviluppare una forma aggressiva di tumore al seno, nota come triplo negativo.

Cos’è l’acido linoleico e dove si trova?
L’acido linoleico è un acido grasso essenziale, ovvero il nostro corpo non può produrlo da solo ed è quindi necessario assumerlo attraverso l’alimentazione. È particolarmente abbondante negli oli vegetali, come:
- Olio di mais
- Olio di girasole
- Olio di soia
Questi oli sono spesso presenti in alimenti industriali e nella dieta occidentale moderna, contribuendo a un eccesso di omega-6, a scapito degli omega-3 (presenti in pesce azzurro, semi di lino, noci). Questo sbilanciamento può promuovere stati infiammatori cronici, che sono noti cofattori nello sviluppo di numerose malattie, incluso il cancro.
Cosa rivela il nuovo studio su topi e cellule umane?
Il team di ricerca della Weill Cornell ha scoperto che, in modelli preclinici su topi da laboratorio, una dieta ricca di acido linoleico favorisce l’ingrossamento di tumori triplo negativi. A livello molecolare, l’acido linoleico si lega a una proteina chiamata FABP5, fortemente espressa in questo sottotipo tumorale. Tale interazione sembra attivare una via di segnalazione chiamata mTORC1, associata alla crescita e proliferazione delle cellule cancerose.
Importante notare che anche in campioni di sangue umano di pazienti con tumore triplo negativo sono stati trovati livelli elevati di acido linoleico e FABP5, rafforzando la plausibilità biologica di questo meccanismo.
Cautela nell’interpretare i risultati
Nonostante la rilevanza dello studio, gli autori stessi – tra cui il dottor John Blenis, autore principale – sottolineano che non si tratta di una prova diretta di causalità. È importante distinguere tra meccanismi molecolari plausibili e effetti confermati nella popolazione generale.
Infatti, una meta-analisi del 2023, che ha preso in esame 14 studi su oltre 350.000 donne, non ha riscontrato un’associazione significativa tra l’assunzione di acido linoleico e il rischio globale di tumore al seno. Alcuni lavori precedenti suggerivano addirittura un potenziale effetto protettivo, a dimostrazione della complessità dell’interazione tra dieta e cancro.
Quali sono le raccomandazioni?
Secondo il World Cancer Research Fund, è corretto non demonizzare gli oli vegetali, ma assumerli con moderazione, preferendo fonti meno ricche di acido linoleico, come:
- Olio extravergine d’oliva, ricco di grassi monoinsaturi
- Olio di colza (canola)
- Olio di lino, che contiene omega-3
In parallelo, è fondamentale ridurre il consumo di alimenti ultra-processati, preferire cibi freschi e incrementare il consumo di frutta, verdura, legumi e cereali integrali. Uno studio condotto da Harvard T.H. Chan School of Public Health, che ha monitorato oltre 100.000 persone per 30 anni, ha mostrato che un’alimentazione sana è legata a una maggiore probabilità di invecchiare in salute, riducendo l’incidenza di 11 malattie croniche, incluso il cancro.
Conclusione: equilibrio, non allarmismo
I nuovi risultati rappresentano un passo avanti nella comprensione dei meccanismi con cui i nutrienti influenzano la progressione tumorale. Tuttavia, non giustificano l’eliminazione drastica degli oli vegetali dalla dieta. Come sempre, la chiave è l’equilibrio: prediligere grassi sani, variare le fonti, e contestualizzare ogni dato scientifico all’interno di uno stile di vita complessivo.
La prevenzione oncologica inizia a tavola, ma non si basa su un singolo ingrediente. Informarsi da fonti affidabili, adottare un’alimentazione bilanciata e fare attività fisica regolare restano i pilastri fondamentali per ridurre il rischio di tumori.
Fonti autorevoli:

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