Gli assistenti sociali, figure professionali fondamentali nel sistema di welfare italiano, operano nel rispetto di norme giuridiche e deontologiche. Il loro compito principale è tutelare i diritti e il benessere delle persone in situazioni di vulnerabilità, agendo come intermediari tra i cittadini e i servizi sociali. Tuttavia, il loro operato è soggetto a precisi limiti giuridici e professionali, stabiliti dalla legge, dai regolamenti professionali e dal Codice deontologico dell’Ordine degli Assistenti Sociali.
1. Esercitare Funzioni Giudiziarie
Gli assistenti sociali non possono sostituirsi ai giudici o assumere decisioni che rientrano nella competenza esclusiva dell’autorità giudiziaria. Ad esempio:
- Non possono disporre l’allontanamento coatto di un minore dalla famiglia di origine senza un provvedimento del Tribunale per i Minorenni (artt. 330-333 c.c.). Essi possono proporre al giudice l’allontanamento, ma non hanno l’autorità di decidere autonomamente.
- Non possono decretare la decadenza o la limitazione della responsabilità genitoriale, prerogative riservate esclusivamente al giudice (art. 336 c.c.).
Le decisioni in materia di protezione dei minori, ad esempio, devono essere sempre convalidate dal giudice, il quale agisce basandosi anche sulle relazioni fornite dagli assistenti sociali, ma non delega loro il potere decisionale.
2. Violazione del Principio di Consenso Informato
Gli assistenti sociali non possono imporre interventi ai soggetti destinatari dei servizi senza il loro consenso, salvo nei casi espressamente previsti dalla legge. Il principio del consenso informato è un caposaldo del diritto italiano ed è garantito dall’art. 32 della Costituzione. Alcuni esempi:
- Non possono obbligare un individuo a seguire un percorso terapeutico o educativo senza la sua adesione volontaria, salvo specifiche disposizioni giudiziarie.
- Non possono effettuare visite domiciliari non autorizzate dai diretti interessati, a meno che non abbiano un mandato dell’autorità giudiziaria.
3. Discriminazioni o Trattamenti Arbitrari
Gli assistenti sociali devono agire nel rispetto dei diritti fondamentali delle persone, senza discriminazioni di razza, religione, sesso, orientamento sessuale o opinioni politiche. Questo principio è sancito dall’art. 3 della Costituzione italiana e dal Codice deontologico degli assistenti sociali.
Non possono quindi:
- Negare servizi o opportunità a una persona basandosi su pregiudizi personali o stereotipi.
- Favorire alcuni utenti rispetto ad altri in modo ingiustificato.
Un comportamento discriminatorio o arbitrario potrebbe costituire una grave violazione etica e legale, con conseguenti sanzioni disciplinari.
4. Agire Senza Qualifica o Competenza
Gli assistenti sociali non possono svolgere attività o assumere decisioni per le quali non possiedono la necessaria competenza o formazione. Ad esempio:
- Non possono fornire consulenze legali o mediche, attività riservate rispettivamente agli avvocati (art. 2 della legge n. 247/2012) e ai medici (art. 348 c.p., esercizio abusivo della professione).
- Non possono effettuare diagnosi psicologiche o psichiatriche, riservate ai professionisti della salute mentale.
Qualsiasi intervento al di fuori delle competenze previste dalla legge potrebbe essere considerato esercizio abusivo della professione.
5. Violazione della Privacy
Gli assistenti sociali sono vincolati al rispetto delle normative sulla protezione dei dati personali, previste dal Regolamento UE 2016/679 (GDPR) e dal Codice in materia di protezione dei dati personali (d.lgs. n. 196/2003, come modificato dal d.lgs. n. 101/2018). Non possono quindi:
- Divulgare informazioni riservate senza il consenso della persona interessata, salvo nei casi previsti dalla legge.
- Accedere a dati personali non necessari per l’espletamento delle loro funzioni.
- Trasmettere relazioni o documenti a soggetti non autorizzati.
Ogni violazione della privacy può comportare gravi conseguenze, sia dal punto di vista professionale che legale.
6. Agire in Conflitto di Interesse
Gli assistenti sociali non possono intraprendere azioni che possano configurare un conflitto di interesse, ossia situazioni in cui il loro interesse personale o professionale possa interferire con il dovere di agire nel miglior interesse degli assistiti. Ad esempio:
- Non possono accettare regali o favori che possano influenzare la loro imparzialità.
- Non possono gestire casi che coinvolgano direttamente amici o familiari.
Il Codice deontologico stabilisce chiaramente che l’assistente sociale deve mantenere un comportamento imparziale e trasparente.
7. Adottare Misure Coercitive
Gli assistenti sociali non hanno poteri coercitivi. Non possono:
- Imporre provvedimenti restrittivi della libertà personale (ad esempio, ricoveri forzati o trattenimenti) senza l’intervento dell’autorità competente.
- Costringere le persone a sottoporsi a determinati trattamenti o percorsi senza una valida base giuridica.
L’adozione di misure coercitive, come il trattamento sanitario obbligatorio (TSO), richiede un preciso iter legale, con il coinvolgimento del sindaco e dell’autorità sanitaria, come previsto dalla legge n. 833/1978.
8. Violazione del Dovere di Neutralità
Gli assistenti sociali devono agire in modo neutrale e non giudicante. Non possono:
- Esprimere giudizi morali o personali sui comportamenti degli assistiti.
- Influenzare le decisioni delle persone attraverso pressioni indebite.
Questo principio è fondamentale per costruire un rapporto di fiducia con gli utenti e garantire interventi professionali basati su obiettività e rispetto.
Conclusione
Gli assistenti sociali svolgono un ruolo cruciale nella promozione del benessere sociale e nella tutela dei diritti dei cittadini. Tuttavia, la loro attività è vincolata a rigorosi limiti giuridici e deontologici, che mirano a garantire il rispetto della legalità, dell’etica professionale e dei diritti delle persone.
Il rispetto di tali limiti non solo preserva l’integrità della professione, ma protegge anche gli assistiti da abusi o decisioni arbitrarie. Comprendere cosa non possono fare gli assistenti sociali è essenziale per valorizzare il loro contributo nel sistema sociale italiano e per garantire interventi equi, trasparenti e rispettosi della dignità umana.